Il buon chirurgo non è solo un tecnico o, come si dice, un topo da sala operatoria che tratta i pazienti come fossero in catena di montaggio. Il chirurgo pone l’indicazione all’intervento dopo una valutazione completa della persona che ha di fronte, indicherà la tecnica chirurgica migliore per quel caso e la condurrà con abilità. E non dovrà dimenticarsi del dopo.
Le complicanze fanno parte della carriera del chirurgo, non possiamo pensare che non esistano, solo contenerle. Il buon chirurgo è colui che sa porre rimedio agli eventi avversi senza abbandonare i pazienti al loro destino.
Il buon chirurgo è un essere umano che fa le cose con la testa e con il cuore.
Sono nato a Lecco (LC) il 16/11/1961 ed attualmente lavoro presso la chirurgia generale dell’Istituto Humanitas di Castellanza (Varese). Sono specialista in Chirurgia dell’Apparato Digerente e di Endoscopia Digestiva Chirurgica.
Sono stato per anni dirigente medico per l’ASL di NOVARA in qualità di chirurgo generale presso l’Ospedale Civile SS. Trinità di Borgomanero (Novara) con l’incarico di Alta Specializzazione in Malattie del colon-retto e del perineo: diagnosi e terapia.
Oggi ho un mio studio a Cureggio, in provincia di Novara. E collaboro con diverse cliniche private.
Un chirurgo di provincia che si dedica alle patologie neoplastiche con competenza, aggiornamento costante e utilizzo di tecnologia d’avanguardia deve fare delle scelte.
Non può pensare di imparare a trattare ogni tipo di tumore perché l’ambiente in cui opera non presenta casistiche così elevate da dare ad ogni chirurgo la stessa chance di diventare veramente competente in ogni settore. Ecco perché non possiamo permetterci di essere TUTTOLOGI. Gli ospedali di provincia offrono numeri adeguati a predisporre delle piccole equipe dedicate ognuna a trattamenti specifici. In questo modo i nostri pazienti non saranno costretti a fare i viaggi della speranza.
Credo che una parte dei medici abbia dimenticato come “ascoltare” i propri pazienti; le visite si riducono a brevi e superficiali momenti d’incontro. Ai miei pazienti, in prima visita, dedico un tempo adeguato per conoscerli, per interpretare le loro criticità e bisogni, pianificando insieme il percorso diagnostico-terapeutico. E questo mi fa sentire bene e veramente utile.
Credo fermamente nel valore della famiglia. La nostra è un turbinio di persone attorno, grandi scontri ed abbracci, generazioni che s’intrecciano e crescono insieme. A volte addirittura è una telenovela di cui mi sento privilegiato protagonista. Ma è soprattutto un luogo sicuro dove non sei mai un numero, dove non sei solo ad affrontare le grandi decisioni della vita, dove si piange e si gioisce insieme per ciò che la vita ci offre.
L’ho sposata che avevo 28 anni. Chiara ne aveva 22. Insieme abbiamo iniziato la nostra avventura. Giovani ed entusiasti di costruire il nostro futuro condividendo le scelte fatte. Forse incoscienti, sicuramente non calcolatori. Ha sempre vinto il cuore portandoci lontano e donandoci cinque splendidi figli. Tornassi indietro? Non ho dubbi, lo rifarei.
La ciliegina sulla torta per una famiglia numerosa come la mia? L’arrivo di un altro componente familiare. Si è unita a noi pochi anni fa e si chiama Kyra. È una bella femmina di pastore tedesco. Ha fatto subito breccia tra i nostri cuori con la sua vivacità, la sua pazienza con la piccola Matilde ed il suo equilibrio. La consideriamo la custode della famiglia e la guardiana della casa.
Quanta fatica faccio a cercare di difendere il mio silenzio interiore. Ogni momento della mia giornata è occupato e spesso non c’è spazio per la quiete. Il caos riempie il silenzio, così come la musica e la TV. Credo nella forza del silenzio: aiuta a recuperare energia e liberare la mente preparandola a nuovi percorsi.
La montagna è stata un’altra grande passione. L’ho vissuta sia da escursionista che da rocciatore. Faticare per raggiungere la meta, elevarsi sopra la pianura, cambiare prospettiva, sentirsi uniti in cordata coi compagni o appesi ad una corda e fidarsi dell’altro… è una grande scuola di vita. Il mio rammarico è non poterla condividere con i miei figli. Chissa forse è tempo di restare a valle.
La permanenza in Kenya per due anni e mezzo è sicuramente stata la più importante esperienza della mia vita. CI andai con Chiara, subito dopo il matrimonio, in qualità di medico volontario in servizio civile all’estero. Mettere in pratica ciò che avevo studiato, incontrare un’altra cultura, essere al servizio di una popolazione bisognosa ma ricca di sentimenti mi ha ripagato in maniera insperata. Ho scoperto che il “mal d’Africa” esiste!
I viaggi o il viaggiare? This is the question! Amo entrambe le istanze. Amo i viaggi, intesi come conoscenza di nuovi luoghi e culture, progettare un viaggio, scegliere la meta e partire… con tutti gli imprevisti. E poi condividere i ricordi. Ma amo anche il viaggiare, inteso come evadere con la mente, con i desideri, con i sogni… il potersi scoprire dentro se stessi.
Nella foto: “Malpensa” Inchiostro su carta di Alessandro Busci (2014).
Qualcuno dice che il collezionismo sia il mancato superamento della “fase anale” della nostra infanzia! C’entrerà con la proctologia?! Boh, forse. In ogni caso a me piace l’idea di conservare oggetti che ci appartengono. Anche semplici e colorati tappi di champagne, monete, quadri. Ma anche oggetti tipici delle culture africane. Riconoscere, dare un giusto ordine e recuperare nuovi pezzi credo sia un moto interiore positivo.
Un giorno accadde che Ferruccio, un paziente e amico a cui risolsi qualche problema di salute, volendo ringraziarmi per quanto fatto, mi regalò i suoi fucili da caccia. Capii che fu un gesto importante per lui e che andava rispettato. Ma non essendo incline alla caccia, presi il porto d’armi uso sportivo e da qualche anno mi dedico con passione allo Skeet, una delle quattro discipline olimpiche del tiro a volo. Imbraccio il fucile, svuoto la mente e mi concentro sul piattello che schizza a 100 km/h. È una disciplina che trovo utile per mantenere i riflessi allenati, la concentrazione e serenità interiore.
Il canottaggio mi ha formato durante la giovinezza: sono stato prima timoniere poi vogatore ed infine coach. Sport duro, essenziale, oserei dire primordiale ma anche epico. Scivolare sull’acqua, la domenica mattina d’inverno, su di una barca leggera, sottile, instabile, solamente spinta dalla tua forza, attraverso l’equilibrio dei remi ed accompagnato solo dal turbinio dell’acqua sotto la chiglia: è un’emozione straordinaria, credetemi.
Dal 2004 al 2009 sono stato Assessore ai Lavori Pubblici ed allo Sport per il Comune di Cureggio (Novara), il luogo dove vivo e a cui sono molto legato. Ognuno di noi dovrebbe provare a dedicare del tempo per la comunità e per la Res Publica. Si acquisisce una differente prospettiva di come funzionino i meccanismi dell’amministrare il bene comune e di quanto sia spesso difficile trovare soluzioni che vadano bene a tutti o che prescindano da interessi privati. Grazie Cureggio!